A

Alloppo > L’alloppo (Rubeohornis Aernestii) è un piccolo volatile da preda dal piumaggio rosso brunastro endemico dell’isola di Lup > [Lup ]. L’A. occupa una particolarissima nicchia ecologica in un habitat prevalentemente urbano: i musei e le gallerie d’arte. L’A. infatti nidifica quasi esclusivamente nell’angusta depressione che separa l’intelaiatura dalla cornice, prediligendo i dipinti ad olio, dove conduce durante il giorno una vita sedentaria contribuendo alla salvaguardia delle opere con la predazione in loco di tarme, tignole o piccoli roditori. Sul fare della sera però, alla chiusura dei musei, stormi di alloppi si levano in un volo rapidissimo seguendo per qualche ora il procedere del terminatore [Terminatore da disambiguare] alla ricerca di partner per l’ accoppiamento, e non disdegnando di predare qualche malcapitato coccodrillo mansueto > [Coccodrillo mansueto] . L’A. è uno dei simboli dell’isola di Lup > [Lup], e le sue fattezze stilizzate decorano numerosissime superfici nell’isola.
(Peter Bacon)

Antimappa dei Territori Sublimi > Copia su pergamena di un’antica mappa, conservata presso la Bibliotheca Antiqua della città di Lup, > [Lup ], che si riporta qui in visione esplorabile.
Una tradizione secolare attribuiva la mappa all’antico scienziato bionico Dedalo, ipotizzando raffigurasse  il labirinto di Minosse, e fosse  pervenuta in tempi remoti nell’antica colonia cretese di Louponidion  [Lup appendice 2]. In collegamento  si era sviluppato fin dall’antichità  il mito che faceva  di questo  straordinario documento minoico  lo stimolo che aveva spinto Odisseo  ad avventurarsi nell’ultimo  fatale viaggio nel Mare Cuscinetto > [Mare Cuscinetto] alla scoperta dei confini  del mondo  e della conoscenza dei labirinti della sua stessa mente (Callistene di Samo, Tragedie Omeriche,  lib.III° vers. 14-36). Mito che  venne tramandato in senso polemico antipagano anche dai Padri della chiesa (Eufronio di Tralle, Contra paganorum nequitia, Gaspare da Melitene,  Istoria antiqua paganorum), e rimase quindi ben vivo  nella tradizione letteraria occidentale in lingua volgare, facendo dire all’Ulisse dantesco:
Tanto fui preso di cotesta mappa,
Sanza una via diritta, sì fatale
Che mi condusse qui di tappa in tappa.
(Divina Commedia,  Inferno,  canto XXVI) .
Sul finire del 19°secolo l’ attribuzione tradizionale all’età minoica fu messa in discussione da alcuni storici e filologi di scuola liminale [liminale, scuola]: il Professor Peter Von Speck dell’Università di Gottinga  e diversi suoi colleghi, in base agli studi comparatistici più avanzati di quei tempi , avanzarono l’ipotesi, suscitando aspre polemiche venate di campanilismo negli ambienti accademici di Lup, che l’ A.d.T.S. fosse un documento dell’epoca di Alessandro il Grande. Gli studiosi  si divisero però tra chi, come il prof. Von Speck, la interpretava come lo schema esplicativo del Nodo gordiano[Nodo gordiano] , ad opera del navarca Onesicrito, geografo ed esploratore al seguito delle armate di Alessandro, e chi, forse anche per  attenuare le ire degli accademici di Lup, riteneva che fosse la mappa della città di Louponidion ad opera dei bematisti  dell’esercito Macedone. Più recenti studi hanno ulteriormente messo in dubbio l’antichità e  l’autenticità del reperto conservato presso la Bibliotheca Antiqua  riconoscendo in esso  una rappresentazione grafica medioevale  dei livelli sotterranei e dei fossati concentrici della città di Lup > [Lup, appendice 2], falsamente attribuita a Dedalo, verso la fine del ‘300, per seguire  e confermare  la tradizione letteraria, ed accrescere così la gloria della città di Lup come detentrice di una simile reliquia del  passato.
(Peter Bacon)

Area d’ombra > termine usato in antropologia e nella storiografia relativa all’era Tardo antica per  descrivere il luogo, apparentabile all’Ade come area di oscurità e  desolazione ultramondana,  in cui la popolazione centroasiatica degli Unni [Unni] riteneva sarebbe finita senza possibilità di riscatto se per qualsiasi motivo si fosse fermata la pratica del Moto migratorio spiraliforme, che spostava continuamente indietro la  temibile  linea d’ombra >[Linea d’ombra], base fondamentale del  credo religioso e della  visione del mondo degli Unni.  Queste credenze ebbero conseguenze fatali  nel 409 d.C.  quando venne formulata la richiesta all’Imperatore romano d’oriente Teodosio II, mediante   un’ ambasceria guidata dal principe Unno Attila, di poter valicare temporaneamente in piccoli gruppi, ovviamente disarmati, il Limes danubiano all’altezza di Durostorum per poi  uscirne  più ad ovest ,  in modo da non interrompere il sacro moto spiraliforme. Purtroppo le fonti storiografiche coeve non sono esaurienti sullo svolgimento di questo primo incontro , alcuni storici hanno ipotizzato che in quel momento fosse in atto tra i cittadini dell’Impero un’epidemia di disturbi della riserva empatica > [Riserva empatica] e che il neo imperatore, salito al trono alla fine del 408, e il suo entourage  pensassero di lucrare un facile consenso popolare fomentando le paure immaginarie e le isterie collettive, per poi ergersi a ferrei difensori della plebe terrorizzata, a spese di una popolazione considerata mansueta ed imbelle come gli Unni [Unni]. Come che siano andate le cose, il fatto è che gli ambasciatori furono  tutti assassinati, il solo Attila riuscì a fuggire giurando vendetta, e l’impero lanciò contemporaneamente un’offensiva militare, volta a respingere gli Unni  verso le steppe massacrandone  o riducendone in schiavitù il maggior numero possibile, ed un’offensiva religiosa, guidata dal vescovo Eufronio di Tralle fondatore dell’ordine dei Monaci Palestrati, volta a convertirli  forzosamente per  estirpare usi e culto ancestrali che li conducevano sulla via della migrazione spiraliforme, così antitetica al concetto imperiale di limes. Come si è già detto prima la tradizione storiografica di questo periodo è piuttosto lacunosa e contraddittoria, possiamo quindi solo arguire che gli Unni, assaliti a tradimento si difesero piuttosto bene in un crescendo sempre più drammatico di offensive e controffensive  anche all’interno dei territori imperiali, che fece attribuire loro la certamente immeritata fama  di ferocia belluina che è stata tradizionalmente tramandata dalle fonti di parte imperiale (Aulo Gellio “de filium unnicum” , Porfirio Namaziano “ de asperitate scytorum, e “Tromos Ynnou” dell’autore bizantino Giorgio di Cappadocia), fino alla sconfitta finale ad opera del Magister   Flavio Ezio inflitta loro mentre cercavano di imbarcarsi per la Louponide [Lup].
(Peter Bacon)